Lavorando in gruppo, di emozioni ne
proviamo tante e non sempre è facile riconoscerle, chiamarle per
nome. Non sempre poi sono quelle che ci piacerebbe provare, a volte
ci disturbano, ci mettono a disagio, a volte vorremmo nasconderle
oppure trasformarle in qualcosa di più vicino ai nostri desideri.
Per questo abbiamo scelto di costruire un vivaio: per farci aiutare
dalle piante in questo complesso lavoro di riconoscimento, perché
pensiamo che le nostre emozioni costruiscano il mondo in cui viviamo.
In questo senso le piante rappresentano una risorsa preziosa, un
mezzo espressivo, le parole di un vocabolario che da la possibilità
di esprimere ciò che sentiamo.
21 novembre 2012
Il falso-incenso!
Le nostre prime parole,
il primo prodotto di questi primi mesi di lavoro sono un centinaio di
piantine di incenso che ci prepariamo a vendere. Un incenso
particolare, diverso dal grande albero che cresce in Etiopia.
Dell'incenso, il nostro incenso ha solo il profumo, un profumo
intenso, inebriante. Cresce in fretta, è resistente, produce talee
formidabili, fa grandi propaggini che a volte fioriscono espandendosi
in larghezza sul terreno. Se ci si ferma ad osservarlo si ha la
sensazione che le sue propaggini possano arrivare chissà dove. Nome
scientifico Plectranthus
coleoides comunemente nota come falso
incenso la pianta che abbiamo coltivato rappresenta la bugia. La
bugia detta per amore, per non ferire, la bugia bianca ma anche la
bugia raccontata per paura, la bugia come modo per raggirare l'altro
per non confrontarsi con i suoi sentimenti. Contrariamente a quanto
afferma un noto proverbio la bugia, come la nostra pianta, ha una
natura caparbia, capace di moltiplicarsi con facilità fino a
confondere i labili confini che separano ciò che è falso da ciò
che si sente vero. Coltivarla non è una colpa, è un inizio, è un
modo per imparare a riconoscerla, per cominciare a vederla. Regalare
il nostro falso incenso è un modo per riconoscere le bugie esistono
tanto che a volte sembrano camminare sulle proprie gambe senza che si
riesca a ricordare quando sono iniziate. Regalare il nostro falso
incenso è un primo passo, un modo per esorcizzare la paura che
comporta portare alla luce del sole ciò che si pensa possa esistere
solo nel retroscena dei nostri pensieri, è un modo per dirsi che a
far paura è l'imprevedibilità data dal confronto con la diversità.
13 ottobre 2012
3 settembre 2012
Inizia l’avventura…
Qualche talea di falso-incenso e rosmarino, qualche sacco di
terra, strumenti di lavoro e voglia di intraprendere un’ignota avventura. E’ il
giorno in cui si è messa la prima pietra o forse sarebbe meglio dir la prima
piantina! E’ il girono in cui ci siamo presentati ad un gruppo di interlocutori
interessati ed incuriositi dalla nostra proposta. Sole estivo, brezza
pomeridiana, curiosità nel conoscerci e nell’esplorare quel campo circondato da
cavalli, asini, viti ed ulivi. Non mancava poi un po’ di preoccupazione per la
tanta attenzione ricevuta. Noi, un gruppo di psicologi ed un agricoltore
sociale, avevamo invitato alcune famiglie che si confrontano con la questione
della disabilità dei figli ad incontrarci. Volevamo parlare e condividere la
possibilità di costruire insieme uno spazio entro cui, attraverso la
coltivazione ed il prendersi cura delle piante, produrre, pensare e costruire
modi di rapportarsi ai contesti di convivenza in cui si vive. Contesti entro
cui spesso ci si sente soli, abbandonati, trascurati; contesti con i quali
spesso non si dialoga e con cui spesso non è facile rapportarsi. E non è tanto una
questione di disabilità quanto di emozioni, che spesso ci prendono, ci
investono, che spesso non riusciamo a pensare e a comunicare. In questo senso
volevamo presentare innanzi tutto la possibilità di costruire uno spazio entro
cui pensare le emozioni vissute entro i rapporti, entro cui prendere a pretesto
un’attività come quella agricola per poter esplorare facendo, produrre pensando,
comunicare coltivando. Uno spazio entro cui costruire prodotti con cui parlare
del modo di vivere entro i rapporti, entro i contesti, nell’ipotesi che è
proprio pensando le emozioni che si costruiscono le basi per lo sviluppo della
convivenza. E che cos’è la diversa abilità se non un qualcosa che sconfermando la
cosiddetta normalità crea problemi e crisi entro i sistemi di convivenza?
Questa era la nostra proposta e da qui è iniziata la nostra
avventura. Stavamo iniziando a costruire insieme uno spazio, un luogo… una
serra? Si forse un serra ma non proprio. Un orto? Si anche un orto ma non solo…
Un vivaio sociale? Tu chiamalo se vuoi vivaio sociale!
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