25 aprile 2014

Quelli Che il Martedì al ChiamaloSeVuoi Vivaio: tentativi, “errori”, apprendimenti preparando il terreno di un progetto comune.

Costruire un ChiamaloSeVuoi vivaio non è cosa facile che è come dire che non è facile organizzarsi per produrre qualcosa insieme. Lo abbiamo capito lo scorso Martedì quando, incalzata dalla crescita repentina dei nostri pomodori, Vanessa ci comunica di preparare il terreno con le canne di bambù per la loro collocazione definitiva nell'orto. Marvin è il primo a recepire l’ordine solo che, forse per compensare lo zelo, la prima canna di bambù finisce decisamente fuori traiettoria. Dopo alcuni tentativi, aggiustamenti e una discussione sull'utilizzo più congruo degli strumenti del mestiere giungiamo ad una soluzione che ci convince. Ma non siamo soli e non avevamo consultato Filippo che al suo arrivo decide di ripartire da capo per organizzare il terreno diversamente.


A questo punto però è Mario il giardiniere ad intervenire: “So che me vorrete di' un sacco de parolacce ma è un po’ che ve guardo e me stavo a senti male … Sembra che state a fa la pavimentazione di una casa invece che un orto … ma l’avete vangato il terreno?”.

Viste la facce degli astanti, Mario, preoccupato da reazioni poco cortesi, ci aiuta a vangare un bel pezzo del terreno dedicato ai pomodori ed al contempo ci insegna come farlo. L'intervento di Mario ci toglie d'impaccio, ci diverte, facciamo anche un video che vi proponiamo. Ci stupiamo che qualcuno che intervenga benevolmente non per dirci cosa avremmo dovuto fare ma proponendoci alcuni criteri per capire come farlo. Ci portiamo a casa questo alla fine di una giornata di lavoro in cui non sembrava scontato dare il proprio contributo integrandolo con quello degli atri.



7 aprile 2014

Quelli Che il martedì...al ChiamaloSeVuoi Vivaio: la questione della vecchia vigna


Al ChiamaloSeVuoi vivaio lo scorso Martedì uno dei nostri “vicini di campo” ci comunica di voler arare il terreno attorno agli ulivi dietro la nostra serra dove si trovano alcuni filari di un'antica vigna di Frascati Doc. Chiede una mano a liberare il terreno attorno agli ulivi per poi poter arare il terreno: un lavoraccio che un tempo magari si sarebbe fatto in tanti e che lui si ritrovava a fare da solo. Eccoci allora rimboccarci le maniche e rimuovere fil di ferro in quantità per poi togliere pesanti pali di cemento, speranzosi di avere in cambio quella bella antica vigna su cui avevamo puntato gli occhi. Ci mettiamo così a spostare l'erba,  facendoci spazio attorno ai voluttuosi filari e giunti in prossimità della nostra meta iniziamo a scavare. 






Non avevamo però fatto i conti con la stagione non adatta al trapianto e con la difficoltà dell'impresa come laconicamente ci fa notare il nostro vicino che forse si era posto lo stesso problema optando però per arare il tutto e non pensarci più. Il vicino ci propone in alternativa di provare a fare delle talee con i “ricacci” delle viti, metterle nella sabbia, tenerle umide e poi sperare che  spuntino delle nuove radici. La proposta all’inizio però non ci convince.

Un po’ delusi ed avviliti torniamo a casa; in cerca di una soluzione sostenibile facendo una ricerca su internet scopriamo che sui forum di giardinaggio ed agricoltura il problema del trapianto della vecchia vigna impazza. La questione sembra riguardare molti, chiama in causa la propria storia familiare, evoca ricordi di gite al paese dei nonni con genitori zii e cugini, con gli utenti della rete divisi tra chi si schiera per tentare l'impresa e chi si rassegna di fronte alla difficoltà. In questo senso la vecchia vigna è anche un simbolo che parla della nostalgia di quello che è stato, della paura di perderlo ma anche della possibilità di recuperarlo e della fatica di trovare un modo di integrarlo nella propria vita, nella propria identità.

La proposta del vicino di piantare vecchie talee al posto di  trapiantare l’intera vigna diviene così più interessante: nel nuovo vitigno ci sarebbe anche un po' del vecchio e per il resto chissà, solo il tempo potrà dircelo... vale la pena provare!



31 marzo 2014

Quelli che il martedì...al ChiamaloSeVuoi vivaio

Da qualche tempo al ChiamaloSeVuoi Vivaio ci stiamo allargando. Prima eravamo soliti andare al vivaio per incontrare "i ragazzi". Adesso il Martedì mattina dalle 11 alle 13 al progetto lavoriamo in tanti: psicologi, genitori, fratelli e cugini di persone con disabilità.

Con questo video proviamo a presentarci ed a presentare un parte del nostro lavoro: l'attività.




Dietro la telecamera ci sono io: Felice. Quello con la camicia azzurra martello alla mano è un collega: Stefano. Al tavolo delle talee che fa oscillare come un pendolo un falso incenso Silvia anche lei psicologa come Stefania che si vede andar per campi assieme ad Ambra, bandana multicolor e cane in braccio. 

Tra “i taleisti” "in catena di montaggio" munita di maglietta bianca da lavoro e occhiali da sole Rosalba, madre di Ambra. Con lei Giulia tra le nostre maggiori esperte di vasettologia. Tra gli addetti "a schiodare tavole" Filippo, fratello di Giulia, lavora come operatore al maneggio "il Sagittario" accanto a cui sorge la nostra serra. Insieme a Filippo, sua cugina Vanessa, esperta di lavorazioni artistiche entro una bottega artigiana a Frascati, e Marvin, fratello di un ragazzo che frequenta il maneggio per l'ippoterapia, che da poco si è unito al gruppo per “fare il volontario".

Tutte queste persone ogni Martedì mattina dalle 11 alle 13 si incontrano per lavorare. L'attività accomuna, dà modo di interagire, fa sentire utili anche se a volte c'è chi preferisce "darsi alle margherite" forse anche per affermare con un pò di impertinenza che c'è anche chi in una comunità può sentirsi esentato dall'obbligo di lavorare. In questo senso al ChiamaloSeVuoi Vivaio pensiamo di non essere tutti uguali, ognuno è portatore di una propria storia, di propri interessi e questioni e può metterle in gioco, anche in modo un pò comico, rapportandosi ad altri e ad una proposta: costruire un'“impresa sociale” comune. 

29 gennaio 2014

Quali iniziative per la disabilità a Vermicino? Una ricerca per "coltivare" una prospettiva comune.



Vorremmo attivare uno scambio tra il nostro gruppo di psicologi e le famiglie e gli operatori che frequentano il maneggio per capire quali iniziative possiamo facilitare in questo contesto, in relazione ai problemi quotidiani, ai desideri e ai progetti di chi si rapporta con la disabilità.

E’ per questo che vi proponiamo di partecipare ad una ricerca attraverso cui vogliamo raccogliere pensieri ed idee sulle quali incontrarci e lavorare insieme.

La ricerca prevede la realizzazione di una intervista in cui parlare della propria esperienza in progetti e servizi per la disabilità e delle proprie attese ed idee circa possibili iniziative da mettere in campo. 

Per partecipare: ci trovate ogni martedì mattina al vivaio oppure mandateci una email a segreteria@gapnet.eu




30 giugno 2013

Il pomodoro-anzi: una storia di tentativi di categorizzazione.




Il pomodoro è una pianta dalle origini lontane importata dall'America per ben duecento anni non venne usata per usi alimentari. La solanina, la sostanza presente sulle foglie che sporca le mani di nero, la rese una pianta che veniva considerata tossica anche nei suoi frutti. Un mito di tossicità rimase attaccato alla nostra pianta per lunghi anni: venne infatti essenzialmente usata per scopi estetici ed i contadini furono gli ultimi a fidarsi di quello che ritenevano il frutto del diavolo.

Uno dei principali ingredienti della nostra cucina, importato dagli Spagnoli che dominavano nel Regno delle due Sicilie fu quindi visto inizialmente come un un nemico, uno stravagante ornamento da tenere sotto controllo: affascinante e pericoloso al contempo.

Questo almeno fino a quando un qualche abitanti di Napoli non decise di utilizzarlo sopra un pezzo di pasta forse spinto dagli stenti forse preso dal desiderio di far venire un bel mal di pancia a qualche persona poco gradita. Il risultato però fu sorprendente e il pomodoro divenne uno dei principali ingredienti della nostra cucina.

Ma come si fa a trasformare il nemico in amico? Forse occorre tentare un azione, prendersi un rischio, scorgere una possibilità...Proviamo?

Senapità: un problema confuso ed appiccicaticcio!

Consigliamo ai chi come noi con l’agricoltura e la coltivazione si diverte ad esplorare di non lasciarsi troppo prendere dalla mano nel coltivare la senape. E’ bastato infatti poco tempo, dopo aver con leggerezza seminato, per ritrovarsi a contatto con un problemaccio da noi rinominato “senapità”. Tanti semi in poco temo han germogliato una confusione delirante: non si capiva più dove iniziava una senape e finiva l’altra. Le piantine di senape stavano infatti fitte, tutte intorcinate l’una sull’altra, tanto da render urgente e necessario il trapiantarle velocemente da un’altra parte. Sembravano felici così vicine in quel marasma e sembrava quasi volessero rimanere cosi attaccate senza separasi, rischiando così di brutto, di soffocarsi, morendo appiccicate di eccessiva “senapità”.
“Senapità” è per noi la confusione tra se e l’altro, il miscuglio, l’appiccicume che toglie il fiato, ma anche la gelosia, l’avidità, la paura di separarsi.

Un "erbaccia" prepotente


Tra le erbe che circondano il ChiamaloSeVuoi Vivaio ce ne sono alcune, le graminacee, che, spontanee e filiformi i cani spesso mangiano per spurgarsi. Sul libro delle piante scopriamo che possono essere usate per produrre “un birra piccante”. A staccarle si coglie la prepotenza e la caparbietà di queste piante, se se ne strappa un ciuffo consistente sono capaci di portarsi appresso metà del vaso. Non stupisce che siano chiamate “erbacce” vicino a loro le altre piante sembrano non poter trovare una proprio spazio vitale. Si allargano, crescono e senza rispettare l’altrui vaso si fan ospiti “autoinvitate”. Verrebbe voglia di eliminare come un nemico da combattere: per le proprietà che le contraddistinguono possono essere infatti spesso inconciliabili con altre piante: fa parte della vita anche questo! Ma conoscer l’erbacce capir perché così fanno, trovarne un utile funzione ed esplorarle a noi ci sembra ben più interessante che sbrigarsi a strapparle senza pensarci un attimo.


 
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